GX-24R – Tetsujin 28 go (a.k.a. Super Robot 28)

GX-24R – Tetsujin 28 go (a.k.a. Super Robot 28)

ProduttoreBandai
OggettoGX-24R
Personaggio cartoonTetsujin 28 go
Data prima edizione19/09/2020
Altezza18 cm
Peso414 g
MaterialiPlastica PVC, ABS – Die-cast

GX-24R è la versione Soul of Chogokin ufficiale del mitico robot Tetsujin 28 go, meglio noto in Italia con il nome di Super Robot 28. Prodotto da Bandai, la lettera “R” presente nel codice di questo SOC, dopo il numero, sta ad indicare che questa è una versione “renewal”, ovvero rinnovata, del precedente GX-24. Rinnovata soprattutto nella colorazione che qui è di un bel lucido metallizzato arricchito da effetti di sfumature che lo fanno sembrare come se appena uscito dalla pellicola dell’anime.

GX-24R è fornito con i seguenti accessori:

  • Un manuale delle istruzioni
  • Tre paia di mani alternative
  • Una parte del braccio per simulare il braccio danneggiato
  • Una mini statuina del pilota dodicenne Shotaro Kaneda
  • Una miniatura del telecomando
  • Un paio di propulsori per il volo
  • Una basetta espositiva
  • Un set di tappi blu per coprire i buchi che si vedono nella sezione posteriore dove sono inserite le viti

Oltre la colorazione, il pezzo forte di questo chogokin è sicuramente, la sua scultura che assomiglia in maniera strabiliante a quella dell’anime. Nella confezione è scritto a chiare lettere che questo SOC si rifà al cartone animato del 1963, ma a nostro parere, al di là della scultura, considerando che l’anime del 1963 era in bianco e nero e che dello stesso è stato realizzato un remake a colori nel 2004, questo SOC è del tutto assimilabile ad una rappresentazione del robot raffigurato nel remake del 2004, soprattutto per quanto riguarda i colori che evidentemente nell’anime del 1963 semplicemente non c’erano. Questa nostra valutazione è ulteriormente avvalorata dal fatto che la prima versione di questo chogokin, il GX-24, fu pubblicata nel 2004, dunque nello stesso anno in cui fu pubblicato il remake e noi sappiamo benissimo che nell’universo dell’animazione e del merchandising giapponese certe cose non sono assolutamente casuali. Di fatto, se la scultura del robot è quella del 1963, la colorazione riprende l’anime del 2004.

Entriamo dunque nel vivo della recensione. Partiamo dai materiali. La figura presenta molto materiale die-cast, concentrato principalmente nel busto, sulle gambe, sui piedi e sugli avambracci. Le restanti componenti sono fatte di plastica ABS e in piccola parte PVC. La presenza di die-cast la si nota anche dal peso del robot che pur non superando i 17 centimetri di altezza pesa circa 397 grammi, senza la parte accessoria dei propulsori, e sale a 414 grammi con l’aggiunta dei propulsori.

Passiamo alle articolazioni. Diciamo subito che le articolazioni presentano delle limitazioni che unite al peso del robot ne inficiano la posabilità. Di fatto non è pensabile tenere questo robot senza la propria basetta espositiva se non si vuole rischiare che cada, a meno che non lo si tenga in una posizione “statutaria”, ovvero in una posizione del del tutto statica con gambe dritte e piedi ben piantati sulla superficie. Ma anche così abbiamo la sensazione che alla minima vibrazione possa cedere alla gravità. Poi, nostra umile considerazione, se abbiamo acquistato una action figure, dunque una figura in grado di assumere diverse pose, che senso ha tenerla nella posa più banale e scontata di questo mondo? Tanto valeva spendere meno e accontentarsi di qualche statuina senza articolazioni, che non sappiamo nemmeno se esista in commercio, almeno in europa, dalle nostre latitudini. Ma cosa c’è esattamente che non va nelle articolazioni? Risposta: le gambe. Le limitazioni principali sono nelle articolazioni delle gambe, probabilmente anche per la forma stessa del robot che, diciamola tutta, non è delle più belle e armoniose. Questo robot di fatto ha la forma di uno scaldabagno con testa, braccia e gambe. È goffo, è vero, ma è stato pensato e disegnato nel 1956, in un’epoca in cui i disegnatori e i produttori di cartoni animati giapponesi si rifacevano molto allo stile americano di Walt Disney e la vera innovazione non era tanto nella stilizzazione del robot quanto l’aver pensato ed ideato un robot gigante guidato da un bambino. Cosa si può pretendere dalla linea stilistica dei cartoni animati dell’epoca? Questo robot doveva poi piacere ai bambini, un bambino era il protagonista, non poteva che essere realizzato così come lo abbiamo imparato a conoscere. Inoltre, senza nulla togliere al grande genio creativo del suo autore, Mitsuteru Yokoyama, ma all’epoca i mezzi meccanici degli alieni erano immaginati come degli enormi tripodi (ndr), dunque avere un robot con fattezze umane, per quanto goffe, era già di per sè una grande innovazione per l’epoca. Poi Tetsujin 28 è stato il primo robot gigante della storia, da che si abbia memoria dei robot giganti, per quanto le sue dimensioni siano contenute rispetto ad altri super robot, essendo alto appena cinque metri. In linea di successione, basti pensare che Astroganger misurerà otto metri, mentre il Mazinga Z arriverà a diciotto metri e di li in poi avremo Robot sempre più giganti. 

Le articolazioni dunque risentono un pò della forma di questo robot e di fatto quelle delle gambe sono limitate, soprattutto all’altezza delle anche dove, non essendoci il classico gonnellino sotto cui nascondere i giunti sferici che consentono i movimenti, la soluzione trovata è stata quella di dividere la sezione della mutanda all’altezza del cavallo, lasciando che la stessa si apra per consentire lo scorrimento del meccanismo grazie al quale è possibile piegare le gambe per simulare ad esempio la camminata, o l’inginocchiamento del robot.

Questa soluzione tecnologica, se da un lato risolve il problema dei movimenti delle gambe (in parte), dall’altro genera un inestetismo sempre più evidente man mano che il robot assume pose dinamiche, ovvero, aprendosi la sezione della mutanda, si mette in evidenza una protuberanza tra le gambe del robot che oseremmo definire “fallica”. Dopo i limiti nelle articolazioni e dunque nella posabilità e stabilità del robot, questo inestetismo rappresenta per noi, un terzo difetto riscontrato in questo prodotto.

Le braccia invece presentano una buona gamma di movimenti, potendo ruotare di 360 gradi all’altezza dell’omero, alzarsi lateralmente fino a formare un angolo di 90 gradi con il resto del busto e piegarsi poco più di 90 gradi all’altezza del gomito. Inoltre l’avambraccio può essere ruotato di 360 gradi orizzontalmente rispetto all’avambraccio aumentando dunque la gamma di pose che l’intero braccio può assumere.

Facciamo notare che è possibile staccare entrambi gli avambracci del robot per sostituirli con l’accessorio del pezzo di braccio danneggiato. Le parti si separano grazie all’uso di calamite come fosse un Jeeg e abbiamo trovato questa soluzione davvero semplice ma al contempo efficacie e sicura, perchè non si rischia di danneggiare gli agganci durante le fasi di sostituzione del pezzo.

Anche i propulsori si agganciano sulla schiena grazie ad un meccanismo calamitato e sono dunque facili da maneggiare.  

La figura è inoltre dotata di parti elettroniche che le forniscono funzionalità quali effetti sonori e luminosi. Cambia il colore degli occhi che si illuminano di giallo e di rosso, proprio come nel cartone animato, e si può ascoltare la musichetta che accompagna la sigla del cartone animato del 1963 e poi del 2004. Gli effetti si attivano tramite il pulsante di accensione poso sulla schiena del robot coperto dai propulsori e avvicinando la miniatura del telecomando che figura tra gli accessori in dotazione. È sufficiente avvicinare il telecomando al torace o alla pancia del robot perché si attivino le funzioni luminose e parta il suono della sigla originale. Per il loro utilizzo occorre inserire tre batterie di tipo LR-44 nell’apposito vano situato nel busto, al livello della fascia rossa. Come mostrano le immagini accanto, il robot si divide in due all’altezza della fascia rossa in modo tale che si possano inserire le batterie.

Queste funzionalità elettroniche, pensate sicuramente per dare del valore aggiunto al prodotto, a nostro parere non sono poi così necessarie, anzi considerando le volte che si possa decidere di metterle in funzione, probabilmente sono anche superflue. Occorre infatti ricordarsi di togliere le batterie dall’interno, quando non lo si utilizza, una volta riposto il prodotto nella propria confezione o esposto in bacheca, altrimenti si rischia di danneggiare il prodotto stesso, oltre che le parti elettroniche, se si ossidano le batterie. Fate molta attenzione a questo aspetto perchè se si danneggiano le parti elettroniche si perde anche il valore di mercato del prodotto. Occhio dunque quando acquistate questo prodotto di “seconda mano”. Accertatevi sempre che l’elettronica sia ben funzionante. Vediamo abbastanza difficile dunque l’ipotesi che una persona stia continuamente a mettere e togliere le batterie dal robot e dunque consideriamo questo accessorio superfluo, per quanto ci rendiamo conto che l’idea che si possano attivare queste funzioni faccia sempre piacere e dia soddisfazione a chi possiede questo SOC.

Molto bello invece l’accessorio della miniatura del piccolo Shotaro Kaneda. La scultura della statuina è davvero bella ed è dipinta con grande precisione. Sotto la lente di ingrandimento abbiamo notato davvero pochissime sbavature nella sua colorazione. Ecco, questo accessorio è il vero valore aggiunto, così come lo è la riproduzione del braccio danneggiato, ridotto a brandelli dopo lo scontro con i robot avversari.

Concludiamo questa recensione suggerendovi di non lasciarvi scappare questo chogoking, intanto perchè è fatto bene, anche se con le limitazioni descritte sopra, poi perchè questo chogokin è una fedele rappresentazione del mitico Tetsujin 28, ovvero il capostipite, il papà di tutti i super robot che oggi noi conosciamo e che sono venuti alla luce addirittura un decennio dopo la sua nascita. Astroganger prima e Mazinger Z subito dopo, arriveranno infatti sul finire del 1972, appunto quasi un decennio dopo la pubblicazione dell’anime e addirittura quasi un ventennio dopo la pubblicazione del manga che fu stampato dal 1956 al 1966. Un collezionista amante del genere robotico non può non avere nella propria scuderia questo chogokin, quantomeno come tributo al personaggio che fu origine di tutte le saghe super robotiche che seguirono. A buon intenditore poche parole.          

ParametroPunteggio
Estetica8
Materiale8
Verniciatura8
Posabilità5
Accessori7
TrasformazioneN/A
Corrispondenza cartoon9
Confezione7
Qualità/Prezzo7
Sintetico6,55
GX-86 – Space Battleship Yamato 2202

GX-86 – Space Battleship Yamato 2202

ProduttoreBandai
OggettoGX-86
Personaggio cartoonSpace Battleship Yamato 2202
Data prima edizione30/03/2019
Lunghezza42,5 cm
Peso568 g
MaterialiPlastica ABS – Die-cast

La linea Soul of Chogokin (S.O.C.) nasce come linea di giocattoli per collezionisti, i cui soggetti sono principalmente i robot tratti dagli anime degli anni ’70, ’80 e ’90, tuttavia nel tempo la linea è stata estesa oltre che a soggetti mecha di nuova generazione tratti da generi diversi dai classici anime giapponesi, anche ad altri soggetti diversi dai soliti robot, come nel caso delle astronavi spaziali “Space Battleship”. Ed è proprio ad una delle navi spaziali più famose nel mondo degli anime anni ’70 che si ispirta il S.O.C. GX-86, oggetto di questa nuova recensione per la quale dobbiamo ringraziare il nostro carissimo amico Mr Toshyia76.

Diciamo subito che il GX-86 non è il primo S.O.C. dedicato al genere Space Battleship e probabilmente non sarà nemmeno l’ultimo, visto il grande successo ottenuto. 

Con il GX-86 Bandai introduce nella linea per collezionisti la mitica corazzata spaziale della Yamato (ribattezzata ARGO nel doppiaggio italiano) tratta dalla serie “Star Blazers 2202″, sequel della serie “Star Blazers 2199”, remake della storica serie del 1974, “Star Blazers”.

Nel marzo del 2019 arriva dunque nelle case dei collezionisti il GX-86 “Space Battleship Yamato 2202”, in realtà non il primo pezzo della serie “Star Blazer”, ma una versione aggiornata del precedente S.O.C. GX-64 del 2014, denominato “Space Battleship Yamato 2199”, dedicato alla corazzata spaziale Yamato 2199 che compare nella serie anime “Star Blazers 2199” del 2012. In questa nuova versione, il GX-86 riflette di fatto l’astronave oggetto del sequel denominato appunto “Space Battleship Yamato 2202”. Ma cosa cambia in sostanza in questo “pezzo da novanta” rispetto alla versione precedente? andiamo a scoprirlo.

La confezione come sempre è ben realizzata con l’immagine dell’intera astronave in bella vista. Le dimensioni della confezione sono 47 x 19 x 15 (lunghezza, altezza, profondità). Sul retro della scatola troviamo raffigurato tutto il suo contenuto. Aperta la cofezione troviato un cartone base molto solido, dove alloggiano due contenitori, uno in polistirolo, contenente l’astronave e un telecomando, l’altro contenitore in plastica, contenente tutte le parti opzionali. In sintesi la confezione include:

  • due alettoni removibili;
  • due ancore “rocket anchors” (destra e sinistra);
  • un piedistallo espositivo dedicato;
  • nove miniatire di sette tipi di navette spaziali: una coppia di Cosmo Zero, un Cosmo Seagull, una astronave da ricognizione Type 100, un prototipo Ki-8 “Stork”, una Cosmo Tiger I e una coppia di Cosmo Tiger II;
  • vari supporti per le navette;
  • 5 batterie ministilo (AAA) incluse, ossia 3 per l’unità principale e 2 per il telecomando. L’astronave è infatti provvista di un telecomando ricco di funzioni che permette di gestirne a distanza luci, suoni, voci, musiche e anche di far ruotare 5 torrette di cannoni (3 principali e 2 ausiliarie)!

L’astronave è lunga circa 42,5 cm ed è già quasi tutta montata; dovrete solo installare le tre torrette grandi e una piccola e le mitragliatrici. L’impatto è notevole ed i dettagli sono eccellenti senza segni di sprue o imperfezioni di sorta (almeno nel caso del modello da noi visionato). Bisogna comunque maneggiarla con cura specie sulla parte centrale, sotto la parte rossa del sommergibile, e la parte posteriore, per via di plastiche delicate e a volte un po’ taglienti.

Insieme all’astronave è presente in dotazione la basetta espositiva con i vari appoggi trasparenti, quattro ferretti grandi e otto piccoli con piccoli perni per sorreggere i mini jet e sostenerli quando desideriamo simulare il volo.
Nella confezione troverete anche due paia di ali da inserire sui fianchi della corazzata spaziale, qualora voleste esporla in fase di volo.

Ad ogni modo, come avrete intuito dagli accessori in dotazione, la differenza con il precedente S.O.C. GX-64, la vera chicca di questo GX-86, è il comparto elettronico integrato e gestito mediante un controller che vi permetterà di simulare attacchi suoni e luci come nell’anime originale. Sarà sufficiente inserire le tre batterie stilo AAA sotto la parte rossa dello scafo, staccando un pannello di colore rosso e svitando la vite a scomparsa, mentre altre due batterie, sempre di tipo AAA, dovranno essere inserite nel telecomando.

Grazie a vari pulsanti presenti sul controller potete eseguire una serie di funzioni, come l’accensione della cabina di pilotaggio, il movimento dei cannoni con voci e comandi, il colpo del cannone ad onde con tanto di preparazione e sfumature di colori durante il lancio! Insomma tutti gli effetti speciali che si vedono nell’anime! Sarà come rivivere l’esperienza della serie TV in prima persona.

Di fatto, per i collezionisti che anni fa non hanno potuto accaparrarsi il GX-64, questo GX-86 è sicuramente l’occasione buona che aspettavano per recuperarlo, sebbene non sia la stessa versione dell’astronave e fatto salvo il prezzo che purtroppo è lievitato rispetto a qualche anno fa.

Vediamo dunque in sentesi quali sono gli elementi a favore e quelli a sfavore di questo S.O.C.

PRO: GX-86 è perfetto in ogni suo dettaglio , realizzato con grande cura e accuratezza anche per le parti più piccole come i mini jet. Gli effetti speciali elettronici sono davvero divertenti oltre che stupecafenti. La verniciatura oseremmo dire che è perfetta, senza sbavature, segni di sprue o altri difetti di qualsiasi genere. Il lavoro di  Bandai su questo S.O.C è stato impeccabile!

CONTRO: diciamo pure che parlare di veri e propri difetti è eccessivo, ma a voler essere pignoli almeno due sono gli elementi a svafore di questo S.O.C. Il primo è la quantità di die-cast utilizzato, poco per l’esattezza. Benchè si abbia a che fare con un’astronave di ben 42 cm di lunghezza, quando la si tiene tra le mani si ha una netta sensazione di inconsistenza dovuta forse alla percezione erronea indotta dalla vista imponente del pezzo, mentre in realtà è molto leggero, pesa appena 568 grammi, dato che è per un buon 70% fatto di plastica, mentre il metallo pressofuso è distribuito un pò uniformemente su tutto il pezzo per il restante 30%. Dunque sulla quantità di die-cast Bandai sembra aver lesinato un pò troppo, specie se consideriamo che non essendo un robot o un classico action figure non presenta articolazioni tali da dover richiedere l’utilizzo di plastica invece che metallo. Non si corre certo il rischio di rovinarlo nei movimenti, dunque per il tipo di oggetto rappresentanto un pò più di die-cast non sarebbe stato male. 

Il secondo elemento a svafore è costituito dalla delicatezza del pezzo in concomitanza con la presenza di alcune parti taglienti come le alette dietro lo scafo e intorno alla cabina di pilotaggio, la parte dello scafo che va sotto la base e le piccolissime torrette poste sui lati dell’astronave che lo rendono difficile da maneggiare.

Se dunque volete esporre l’astronave accertatevi sempre di farlo utilizzando l’apposita basetta espositiva o poggiatela su una superfice morbida.

Inoltre, quando si deve aprire il vano contenitore delle batterie, presente sullo scafo della nave spaziale, occorre prestare molta attenzione alla vite e cercare di non farsi sfuggire il cacciavite rischiando così di graffiare la verniciatura,  visto che la posizione del vano può risultare scomoda nell’effettuare tali operazioni. Consigliamo dunque di porre molta attenzione e di utilizzarte un mini-cacciavite adatto allo scopo. Non improvvisatevi con il primo “arnese” che vi capita a disposizione come ogni tanto vediamo nelle recensioni video!

In ultimo, sempre in riferimento ai difetti paventati, per correttezza e completezza annotiamo che qualche collezionista si è lamentato delle dimensioni, aspettandosi qualcosa di più grande, una scala più idonea a rappresentare la mitica corazzata spaziale YAMATO, ma a nostro parere ci sembra un pò eccessivo. Per carità, il mondo è bello perchè è vario ed ognuno di noi ha la sua idea di come dovrebbe essere la collezione ideale, ma molti di noi devono fare i conti con lo spazio a disposizione nelle proprie case ed a nostro modesto parere le dimensioni di questo GX sono più che giuste e generose. Magari poteva essere un pò più grande in modo tale da avere dei minijet un pò più apprezzabili per dimensioni, ma alla fine va bene anche così.

Concludiamo dicendo che il prodotto è valido e per gli amanti del genere non può mancare nella propria collezione, benchè il prezzo non aiuti. Speriamo dunque di aver reso un buon servizio recensendo questo GX e di avervi chiarito almeno un pò le idee se ne state valutando l’acquisto per la  vostra collezione, convinti come siamo che anche nel modo del collezionismo la perfezione non esiste, ma si può sempre migliorare. Un caro saluto e al prossimo GX!

ParametroPunteggio
Estetica8
Materiale7
Verniciatura9
Posabilità7
Accessori9
Trasformazionen/a
Corrispondenza cartoon9
Confezione9
Qualità/Prezzo5
Sintetico7,85