DFS-077 – Danduard Ace

DFS-077 – Danduard Ace

ProduttoreKing Arts
OggettoDFS-077
Personaggio cartoonDanguard Ace
Data prima edizione01/01/2023
Altezza33 cm
Peso1.130 g
MaterialiPlastica PVC, ABS – Die-cast

La casa di produzione di action figure King Arts questa volta colpisce nel segno con un’uscita che va a colmare un vuoto generato da Bandai nella sua linea Soul of Chogokin GX.

King Arts ci regala infatti il Danguard Ace in una versione finalmente degna di nota, non solo per dettagli, ma anche e soprattutto per dimensioni.

Il GX-62 infatti, il Danguard di casa Bandai, è un prodotto fatto bene, curato nei dettagli, ma assolutamente improponibile in termini di dimensioni, perchè completamente fuori scala. Non saremo esagerati nel dire che il prodotto Bandai è un down-size di quello che dovrebbe essere il vero modellino in scala SoC.

Nell’anime il Danguard è un robot di circa 300 metri di altezza, dunque in proporzione ad un Mazinger Z, che nell’anime è alto circa 18 metri, il SoC del Danguard dovrebbe essere di gran lunga più alto (abbiamo calcolato una proporzione effettiva di circa 17 volte) ed invece il GX-62 è alto poco più del GX-01 o del GX-70.

A proporre un Danguard dalle dimensioni più generose ci aveva già pensato la Yamato, realizzando un prodotto di circa 30 centimetri, ma con un livello di dettaglio e di posabilità non altrettanto buoni.

Per questo oggi, anno 2023, possiamo considerare il Danguard Ace, il DFS-077 di casa King Arts, la rappresentazione migliore in circolazione perché colma le lacune delle precedenti versioni di Bandai e Yamato, con un prodotto alto circa 33 centimetri, con un buon grado di posabilità e una definizione della scultura simile a quella della Bandai. Sembrerebbe quasi che King Arts abbia preso il GX-62 e lo abbia riprodotto, quasi fedelmente, in dimensioni più apprezzabili. Certo non poteva mancare il tocco King Arts, ma rispetto ad altri prodotti della casa, questo Danguard è sicuramente quello dalle linee meno rivisitate. 

Diciamo che nel complesso King Arts ha fatto un bel lavoro, esteticamente il robot è imponente, delle giuste dimensioni e pulito nelle linee. Come impatto estetico dunque non possiamo che dargli un sette. Non possiamo andare oltre questo punteggio perché, per quanto bello, non ci ha convinto la scultura del volto e le braccia sembrano leggermente sproporzionate rispetto al resto del corpo, un po’ corte in proporzione alla lunghezza del busto e all’altezza del robot in generale, anche se questo difetto ha origine nel cartone animato dove spesso il robot è disegnato con braccia più corte di quanto dovrebbero essere.

I materiali sono buoni, c’è un buon uso di die-cast e anche la plastica usata è di una buona qualità. L’uso abbondante di die-cast è confermato dal peso della figura che supera il chilo, arrivando fino a 1.130 grammi. Per la qualità dei materiali il punteggio che gli diamo è un sette pieno.

La verniciatura è buona, non presenta sbavature o almeno non le abbiamo notate sul nostro prodotto. Abbiamo l’impressione, e magari ci sbagliamo, che sia un po’ delicata, quindi il nostro consiglio è quello di fare attenzione durante la trasformazione, specie durante la trasformazione, quando agganciate le due sezioni, quella del busto e quella delle gambe, nel formare il satellizzatore. Non ci ha convinto molto il colore grigio argentato utilizzato per la colorazione di alcune parti del corpo a cominciare dalle corna sul caschetto, ma è comunque una buona verniciatura e quindi gli diamo un punteggio pari a otto.

La posabilità di questa figura è più che discreta, ma ahimè nulla di eccezionale, dati i limiti riscontrati nella rotazione del busto e nei movimenti delle spalle. Ottime sono le articolazioni delle gambe e dei piedi che contribuiscono per un buon settanta percento alla sua posabilità e compensano le limitazioni di busto e spalle, per questo gli diamo un punteggio pari a sette per premiare King Arts che ha dimostrato di voler cambiare il concept delle proprie figure puntando di più sulla loro posabilità. Inoltre è sicuramente più articolato dello Yamato. Speriamo che questo punteggio sia di incoraggiamento per King Arts a proseguire su questa strada e fare sempre di meglio.

Gli accessori in dotazione sono:

  • manuale delle istruzioni;
  • un paio di mani aperte con dita in posa dinamica;
  • un paio di pugni alternativi oltre quelli già montati, per consentire l’impugnatura delle frecce cosmiche;
  • un paio di pugni dalle dimensioni ridotte da utilizzare durante la trasformazione se si sceglie di non staccare le braccia del robot per trasformarlo in satellizzatore;
  • una testa alternativa, senza elmetto, da utilizzare per la trasformazione del robot;
  • elmetto per la testa alternativa, trasformabile in navicella e da utilizzare per la trasformazione in satellizzatore;
  •  
  • componente “riempitivo” da utilizzare nella trasformazione dell’elmetto in navicella e arricchirla di dettagli quali i propulsori e i carrelli di decollo e atterraggio;
  • pannello del volto per mascherare gli ingranaggi della testa;
  • testa alternativa contenente i led per gli effetti luce negli occhi del robot;
  • pannello alternativo del petto con luci led per simulare il cannone Balkan;
  • pannello sostitutivo delle ali per completare la trasformazione del robot senza le ali (nel cartone animato il robot ha ali retrattili a scomparsa dietro la schiena); 
  •  due frecce cosmiche che vanno ad agganciarsi alle gambe del robot come completamento della pannellatura
  • pannello da utilizzare durante la trasformazione se si opta per la modalità di trasformazione senza le braccia, per coprire il vuoto che si crea quando si staccano le braccia;
  • pannelli per coprire tutte le parti del corpo del robot che mettono in evidenza gli ingranaggi interni;
  • mini-stand trasparente da utilizzare per la posa del satellizzatore che ha un peso  sbilanciato sulla parte posteriore e necessita di un appoggio aggiuntivo per mantenere la posizione orizzontale corretta.

Gli accessori sono dunque tanti, abbastanza da potergli dare un punteggio pari a sette, tuttavia non sono completi. Avremmo voluto vedere qualche arma in più, ci riferiamo alle frecce cosmiche che vanno a comporre il giavellotto, e uno stand un po’ più generoso, degno delle dimensioni del robot e in grado di sostenere anche tutto il corpo del satellizzatore così come ha fatto Bandai con il suo GX-62,

Manca la navicella “la Freccia del Cielo”, il velivolo impiegato per l’addestramento dei cadetti, in quanto simula la manovra di trasformazione del satellizzatore in Danguard, permettendo loro di prepararsi al meglio nel guidare il Danguard. La “Freccia del Cielo” è composta di due navicelle più piccole che si combinano tra loro. La navicella più piccola situata nella parte anteriore si sgancia dal resto del velivolo, sale in verticale e dopo aver cambiato la rotta, si riunisce col l’altra navicella più grade che compone la Freccia del Cielo. Questa speciale manovra viene effettuata a forza 15 che è la massima velocità che può raggiungere il Danguard.

Dunque, per quanto ricco di accessori e di “gimmick” manca un elemento essenziale della storia del Danguard e l’assenza è tale da pesare sulla valutazione, ma diciamo così, non si può avere tutto dalla vita!

La trasformazione è abbastanza semplice e fluida, ma come punteggio, anche in questo caso, non possiamo andare oltre il sette, perché presenta alcuni passaggi un po’ più duri come l’incasso della testa del robot e la fuoriuscita della punta del satellizzatore, e occorre fare attenzione per evitare di rompere qualcosa. Inoltre il risultato finale, ovvero la trasformazione in satellizzatore è un po’ imprecisa, un po’ lasca. La punta del satellizatore ad esempio, essendo parte del busto, tende a muoversi con leggere rotazioni, e sarebbe stato utile fissarli con un gancetto, così come le braccia che vengono semplicemente affiancate al busto e non c’è un gancetto o un incastro che vada a bloccarle. Insomma piccoli dettagli che avrebbero fatto la differenza e che non ci consentono di andare oltre il sette.

C’è una buona corrispondenza con il cartone animato, ma restano sempre delle piccole personalizzazioni operate da King Arts che non ci consentono di dargli un punteggio superiore a 7. Diciamo che questa volta King Arts si è presa meno licenza poetica realizzando un prodotto molto simile al cartone animato, ma non del tutto.

La confezione ci è piaciuta per le dimensioni contenute, ma non per la qualità del cartonato e per la grafica carina ma onestamente un po’ scontata. Diciamo che King Arts ha fatto il compitino raggiungendo la sufficienza quindi il punteggio è pari a sei.

Nel complesso è un buon prodotto, ma non un ottimo prodotto, per via dei limiti appena descritti, per questo, in termini di rapporto qualità/prezzo (in pre-order) non possiamo che dargli un cinque. Se infatti King Arts ha fatto un passo avanti nel rendere il robot più articolato, ha però fatto un passo in dietro nella cura dei dettagli delle parti meccaniche che vengono allo scoperto quando si tolgono le pannellature. Questa “gimmick” è un segno distintivo da parte di King Arts, ma in questa occasione sembra che King Arts abbia dato giusto un contentino senza sforzarsi più di tanto, forse per risparmiare qualcosa del costo di produzione… peccato però che il prezzo finale resti sempre è alto.

Nel complesso il giudizio finale per questo robot è discreto, un sette quasi pieno, e ci dispiace non dargli un otto perché sarebbe stato più che meritato, ma purtroppo a pesare significativamente è il rapporto qualità prezzo laddove, lo ripetiamo, il prezzo è esagerato se rapportato alle mancanze sopra viste.

Bello per le dimensioni, dunque meglio del Bandai GX-62, e sicuramente meglio dello YAMATO, più articolato , questo SOC non è solo un mix delle due suddette versioni, quanto un upgrade delle stesse, con l’utilizzo di materiali di buona qualità, ma non a tal punto da giustificarne il prezzo. Al momento è il miglior Danguard in circolazione e per questo consigliamo di aggiungerlo alla vostra collezione, ma deve essere un acquisto consapevole e la spesa non deve spaventarci…

ParametroPunteggio
Estetica7
Materiale8
Verniciatura8
Posabilità7
Accessori7
Trasformazione7
Corrispondenza cartoon7
Confezione6
Qualità/Prezzo5
Sintetico6,9
GX-24R – Tetsujin 28 go (a.k.a. Super Robot 28)

GX-24R – Tetsujin 28 go (a.k.a. Super Robot 28)

ProduttoreBandai
OggettoGX-24R
Personaggio cartoonTetsujin 28 go
Data prima edizione19/09/2020
Altezza18 cm
Peso414 g
MaterialiPlastica PVC, ABS – Die-cast

GX-24R è la versione Soul of Chogokin ufficiale del mitico robot Tetsujin 28 go, meglio noto in Italia con il nome di Super Robot 28. Prodotto da Bandai, la lettera “R” presente nel codice di questo SOC, dopo il numero, sta ad indicare che questa è una versione “renewal”, ovvero rinnovata, del precedente GX-24. Rinnovata soprattutto nella colorazione che qui è di un bel lucido metallizzato arricchito da effetti di sfumature che lo fanno sembrare come se appena uscito dalla pellicola dell’anime.

GX-24R è fornito con i seguenti accessori:

  • Un manuale delle istruzioni
  • Tre paia di mani alternative
  • Una parte del braccio per simulare il braccio danneggiato
  • Una mini statuina del pilota dodicenne Shotaro Kaneda
  • Una miniatura del telecomando
  • Un paio di propulsori per il volo
  • Una basetta espositiva
  • Un set di tappi blu per coprire i buchi che si vedono nella sezione posteriore dove sono inserite le viti

Oltre la colorazione, il pezzo forte di questo chogokin è sicuramente, la sua scultura che assomiglia in maniera strabiliante a quella dell’anime. Nella confezione è scritto a chiare lettere che questo SOC si rifà al cartone animato del 1963, ma a nostro parere, al di là della scultura, considerando che l’anime del 1963 era in bianco e nero e che dello stesso è stato realizzato un remake a colori nel 2004, questo SOC è del tutto assimilabile ad una rappresentazione del robot raffigurato nel remake del 2004, soprattutto per quanto riguarda i colori che evidentemente nell’anime del 1963 semplicemente non c’erano. Questa nostra valutazione è ulteriormente avvalorata dal fatto che la prima versione di questo chogokin, il GX-24, fu pubblicata nel 2004, dunque nello stesso anno in cui fu pubblicato il remake e noi sappiamo benissimo che nell’universo dell’animazione e del merchandising giapponese certe cose non sono assolutamente casuali. Di fatto, se la scultura del robot è quella del 1963, la colorazione riprende l’anime del 2004.

Entriamo dunque nel vivo della recensione. Partiamo dai materiali. La figura presenta molto materiale die-cast, concentrato principalmente nel busto, sulle gambe, sui piedi e sugli avambracci. Le restanti componenti sono fatte di plastica ABS e in piccola parte PVC. La presenza di die-cast la si nota anche dal peso del robot che pur non superando i 17 centimetri di altezza pesa circa 397 grammi, senza la parte accessoria dei propulsori, e sale a 414 grammi con l’aggiunta dei propulsori.

Passiamo alle articolazioni. Diciamo subito che le articolazioni presentano delle limitazioni che unite al peso del robot ne inficiano la posabilità. Di fatto non è pensabile tenere questo robot senza la propria basetta espositiva se non si vuole rischiare che cada, a meno che non lo si tenga in una posizione “statutaria”, ovvero in una posizione del del tutto statica con gambe dritte e piedi ben piantati sulla superficie. Ma anche così abbiamo la sensazione che alla minima vibrazione possa cedere alla gravità. Poi, nostra umile considerazione, se abbiamo acquistato una action figure, dunque una figura in grado di assumere diverse pose, che senso ha tenerla nella posa più banale e scontata di questo mondo? Tanto valeva spendere meno e accontentarsi di qualche statuina senza articolazioni, che non sappiamo nemmeno se esista in commercio, almeno in europa, dalle nostre latitudini. Ma cosa c’è esattamente che non va nelle articolazioni? Risposta: le gambe. Le limitazioni principali sono nelle articolazioni delle gambe, probabilmente anche per la forma stessa del robot che, diciamola tutta, non è delle più belle e armoniose. Questo robot di fatto ha la forma di uno scaldabagno con testa, braccia e gambe. È goffo, è vero, ma è stato pensato e disegnato nel 1956, in un’epoca in cui i disegnatori e i produttori di cartoni animati giapponesi si rifacevano molto allo stile americano di Walt Disney e la vera innovazione non era tanto nella stilizzazione del robot quanto l’aver pensato ed ideato un robot gigante guidato da un bambino. Cosa si può pretendere dalla linea stilistica dei cartoni animati dell’epoca? Questo robot doveva poi piacere ai bambini, un bambino era il protagonista, non poteva che essere realizzato così come lo abbiamo imparato a conoscere. Inoltre, senza nulla togliere al grande genio creativo del suo autore, Mitsuteru Yokoyama, ma all’epoca i mezzi meccanici degli alieni erano immaginati come degli enormi tripodi (ndr), dunque avere un robot con fattezze umane, per quanto goffe, era già di per sè una grande innovazione per l’epoca. Poi Tetsujin 28 è stato il primo robot gigante della storia, da che si abbia memoria dei robot giganti, per quanto le sue dimensioni siano contenute rispetto ad altri super robot, essendo alto appena cinque metri. In linea di successione, basti pensare che Astroganger misurerà otto metri, mentre il Mazinga Z arriverà a diciotto metri e di li in poi avremo Robot sempre più giganti. 

Le articolazioni dunque risentono un pò della forma di questo robot e di fatto quelle delle gambe sono limitate, soprattutto all’altezza delle anche dove, non essendoci il classico gonnellino sotto cui nascondere i giunti sferici che consentono i movimenti, la soluzione trovata è stata quella di dividere la sezione della mutanda all’altezza del cavallo, lasciando che la stessa si apra per consentire lo scorrimento del meccanismo grazie al quale è possibile piegare le gambe per simulare ad esempio la camminata, o l’inginocchiamento del robot.

Questa soluzione tecnologica, se da un lato risolve il problema dei movimenti delle gambe (in parte), dall’altro genera un inestetismo sempre più evidente man mano che il robot assume pose dinamiche, ovvero, aprendosi la sezione della mutanda, si mette in evidenza una protuberanza tra le gambe del robot che oseremmo definire “fallica”. Dopo i limiti nelle articolazioni e dunque nella posabilità e stabilità del robot, questo inestetismo rappresenta per noi, un terzo difetto riscontrato in questo prodotto.

Le braccia invece presentano una buona gamma di movimenti, potendo ruotare di 360 gradi all’altezza dell’omero, alzarsi lateralmente fino a formare un angolo di 90 gradi con il resto del busto e piegarsi poco più di 90 gradi all’altezza del gomito. Inoltre l’avambraccio può essere ruotato di 360 gradi orizzontalmente rispetto all’avambraccio aumentando dunque la gamma di pose che l’intero braccio può assumere.

Facciamo notare che è possibile staccare entrambi gli avambracci del robot per sostituirli con l’accessorio del pezzo di braccio danneggiato. Le parti si separano grazie all’uso di calamite come fosse un Jeeg e abbiamo trovato questa soluzione davvero semplice ma al contempo efficacie e sicura, perchè non si rischia di danneggiare gli agganci durante le fasi di sostituzione del pezzo.

Anche i propulsori si agganciano sulla schiena grazie ad un meccanismo calamitato e sono dunque facili da maneggiare.  

La figura è inoltre dotata di parti elettroniche che le forniscono funzionalità quali effetti sonori e luminosi. Cambia il colore degli occhi che si illuminano di giallo e di rosso, proprio come nel cartone animato, e si può ascoltare la musichetta che accompagna la sigla del cartone animato del 1963 e poi del 2004. Gli effetti si attivano tramite il pulsante di accensione poso sulla schiena del robot coperto dai propulsori e avvicinando la miniatura del telecomando che figura tra gli accessori in dotazione. È sufficiente avvicinare il telecomando al torace o alla pancia del robot perché si attivino le funzioni luminose e parta il suono della sigla originale. Per il loro utilizzo occorre inserire tre batterie di tipo LR-44 nell’apposito vano situato nel busto, al livello della fascia rossa. Come mostrano le immagini accanto, il robot si divide in due all’altezza della fascia rossa in modo tale che si possano inserire le batterie.

Queste funzionalità elettroniche, pensate sicuramente per dare del valore aggiunto al prodotto, a nostro parere non sono poi così necessarie, anzi considerando le volte che si possa decidere di metterle in funzione, probabilmente sono anche superflue. Occorre infatti ricordarsi di togliere le batterie dall’interno, quando non lo si utilizza, una volta riposto il prodotto nella propria confezione o esposto in bacheca, altrimenti si rischia di danneggiare il prodotto stesso, oltre che le parti elettroniche, se si ossidano le batterie. Fate molta attenzione a questo aspetto perchè se si danneggiano le parti elettroniche si perde anche il valore di mercato del prodotto. Occhio dunque quando acquistate questo prodotto di “seconda mano”. Accertatevi sempre che l’elettronica sia ben funzionante. Vediamo abbastanza difficile dunque l’ipotesi che una persona stia continuamente a mettere e togliere le batterie dal robot e dunque consideriamo questo accessorio superfluo, per quanto ci rendiamo conto che l’idea che si possano attivare queste funzioni faccia sempre piacere e dia soddisfazione a chi possiede questo SOC.

Molto bello invece l’accessorio della miniatura del piccolo Shotaro Kaneda. La scultura della statuina è davvero bella ed è dipinta con grande precisione. Sotto la lente di ingrandimento abbiamo notato davvero pochissime sbavature nella sua colorazione. Ecco, questo accessorio è il vero valore aggiunto, così come lo è la riproduzione del braccio danneggiato, ridotto a brandelli dopo lo scontro con i robot avversari.

Concludiamo questa recensione suggerendovi di non lasciarvi scappare questo chogoking, intanto perchè è fatto bene, anche se con le limitazioni descritte sopra, poi perchè questo chogokin è una fedele rappresentazione del mitico Tetsujin 28, ovvero il capostipite, il papà di tutti i super robot che oggi noi conosciamo e che sono venuti alla luce addirittura un decennio dopo la sua nascita. Astroganger prima e Mazinger Z subito dopo, arriveranno infatti sul finire del 1972, appunto quasi un decennio dopo la pubblicazione dell’anime e addirittura quasi un ventennio dopo la pubblicazione del manga che fu stampato dal 1956 al 1966. Un collezionista amante del genere robotico non può non avere nella propria scuderia questo chogokin, quantomeno come tributo al personaggio che fu origine di tutte le saghe super robotiche che seguirono. A buon intenditore poche parole.          

ParametroPunteggio
Estetica8
Materiale8
Verniciatura8
Posabilità5
Accessori7
TrasformazioneN/A
Corrispondenza cartoon9
Confezione7
Qualità/Prezzo7
Sintetico6,55